Introduzione

Le prime pagine italiane convergono su quattro grandi assi narrativi: la svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, il rilancio del sostegno militare all’Ucraina con il vertice dei “Volenterosi”, le frizioni sulla manovra (tra tasse, affitti brevi e piazza sindacale), e il dibattito sul futuro dell’Unione europea. “La Repubblica”, il “Corriere della Sera” e “Il Messaggero” aprono sul caso Mattarella con l’arresto dell’ex prefetto Filippo Piritore per presunto depistaggio; “La Stampa” intreccia Ucraina e politica europea; “Il Gazzettino” lega le nuove sanzioni USA a Mosca alla trattativa del Cremlino.

Sul fronte economico-sociale, “l’Unità” enfatizza il corteo della Cgil, “Il Foglio” smonta i numeri di Landini sul fiscal drag, mentre “Avvenire” invita alla misura sugli affitti brevi. In controluce, il filone europeo: dal richiamo del Quirinale rilanciato da “La Discussione” alla spinta federalista raccontata dal “Corriere della Sera” (Metsola) e da “La Stampa” (Draghi), fino al j’accuse del “Secolo XIX” sull’Europa “finalmente sovranazionale”. Il risultato è un mosaico dove linee editoriali e pubblici di riferimento spiegano toni e omissioni.

Mattarella, depistaggi e l’ombra dello Stato

la Repubblica” e il “Corriere della Sera” parlano apertamente di “svolta” e ricostruiscono il ruolo del guanto scomparso, con enfasi su un possibile «depistaggio di Stato». “Il Messaggero” insiste sui dettagli giudiziari (“Piritore depistò le indagini”), mentre “Il Secolo XIX” adotta lo stesso lessico forte in prima. Nello spettro più ampio, “Avvenire” sottolinea l’«arresto di Stato» come sentinella civica, “Domani” collega i fili tra Nar e Cosa Nostra citati negli atti, e “Il Giornale” mette l’accento sulle “bugie sul guanto del killer”. “Il Dubbio”, coerente con la sua sensibilità garantista, richiama il “reperto fantasma” e riflette sul rapporto tra processo mediatico e giustizia.

Le differenze di tono rispecchiano identità consolidate. Il registro istituzionale di “Corriere della Sera” e “la Repubblica” privilegia la sequenza dei fatti e l’impatto sistemico, mentre “Il Giornale” enfatizza la rottura rispetto a verità negate. “La Verità” sposta il fuoco su Piero Grasso e le omissioni, coerente con un’impronta polemica verso toghe e palazzi. La stampa d’opinione come “Il Dubbio” problematizza la narrazione in chiave garantista, mentre “Avvenire” guarda all’etica pubblica. Il frame comune resta l’idea che questo non sia solo cold case: è “memoria dello Stato” e, per molti titoli, anche «depistaggio».

Ucraina tra nuove armi e sanzioni: l’Europa divisa

la Stampa” titola sul via libera a nuove armi con una specifica italiana: “Italia: no ai supermissili”, evidenziando la prudenza di Roma. Il “Corriere della Sera” registra invece invii da Francia e Italia e le parole di Metsola sulla coesione UE; “la Repubblica” racconta il vertice di Londra con Starmer e Macron che spingono per «missili a lungo raggio», mentre Meloni frena. “Il Gazzettino” e “Il Messaggero” mettono in cornice le sanzioni americane sul petrolio e la mossa del Cremlino (Dmitriev negli USA) come apertura tattica. “Il Secolo XIX” parla di «nuovi missili dai Volenterosi», “La Discussione” collega Londra e il canale negoziale con Washington, “Il Manifesto” sottolinea la spinta al riarmo e il ruolo di Trump a Gaza come sfida all’Onu.

Qui le cornici divergono per pubblico e politica estera. “La stampa” e il “Corriere della Sera” bilanciano realismo atlantico e cautela italiana; “la Repubblica” rimarca la leadership franco-britannica e l’ambivalenza di Roma; “Il Manifesto” critica il «riarmo» e l’erosione del multilateralismo; “La Verità” parla di Kiev “delusa”, coerente con un filone scettico sulle sanzioni; “Il Foglio” rilancia la linea di resistenza ucraina (intervista a Budanov) e contesta i negazionismi economici. La stampa di destra come “Secolo d’Italia” legge il summit come prova di determinazione occidentale. Il quadro comune è la guerra d’inverno e la disputa su come combinare pressione militare e finestra negoziale.

Manovra, affitti brevi e piazza: l’Italia del conto e del dissenso

Sul terreno interno, “l’Unità” fa da megafono al corteo Cgil (“pace, welfare, lavoro e democrazia”), legandolo alla “finanziaria di guerra”. “Il Foglio” ribatte sui numeri: la Bce avrebbe certificato la restituzione del fiscal drag, ergo «Landini sbaglia». “Avvenire”, quotidiano cattolico, sostiene una “misura ragionevole” sugli affitti brevi ma deplora i toni; “l’Opinione delle Libertà” amplifica la posizione di Matteo Salvini (“Affitti brevi? «Una tassa sciocca»”) e lancia il messaggio pro-mercato. “La Notizia” attacca Antonio Tajani per la difesa di banche e assicurazioni, “La Verità” drammatizza lo scontro Tajani-Lupi e critica l’impianto della manovra, mentre “Il Messaggero” e “Il Gazzettino” ospitano interventi di Giuseppe Vegas e Bruno Vespa che difendono la cautela di Giorgia Meloni.

La frattura è tra una rappresentazione “civica” del dissenso (l’Unità) e un approccio di policy che punta all’ordine dei conti (Il Foglio, Il Messaggero, Il Gazzettino). “Avvenire” cerca il baricentro sociale senza cadere nel dirigismo, mentre “La Ragione” fotografa i «saldi invariati» come limite strutturale della discussione. A destra, “Secolo d’Italia” attacca il “sabato landiniano” e difende la narrativa del taglio delle tasse; al centro liberale, “l’Opinione” e “Il Foglio” convergono contro misure percepite anti-innovazione o penalizzanti piattaforme. Il contenzioso sugli affitti brevi è lo specchio perfetto di strategie editoriali diverse: “ordine e concorrenza” contro “diritti sociali”, con ampie zone grigie di compromesso.

Europa: unanimità o maggioranza? Federalismo contro veti

Il tema europeo attraversa molte prime. “La Discussione” rilancia il messaggio del Presidente Mattarella: solo un’Europa unita può proteggerci da «guerre e dazi». Il “Corriere della Sera” ospita la fiducia di Roberta Metsola sulla gestione degli asset russi e l’unità UE; “La Stampa” mette in pagina Mario Draghi (“basta diritto di veto, serve riforma federale”). Il “Secolo XIX” invita a un’Europa «finalmente sovranazionale», mentre “Avvenire” ricorda come la premier abbia difeso il principio dell’unanimità, segnalando il conflitto latente tra Palazzo Chigi e Quirinale. “Il Manifesto” apre un fronte critico sugli asset russi (“non si toccano”) e sulla torsione bellica del progetto europeo, “Il Riformista” registra i molti “incognite” del sostegno a Kyiv.

Si confrontano visioni di lungo periodo: federalisti (La Stampa, Corriere, Secolo XIX) che leggono nella crisi ucraina l’occasione per superare veti e frammentazione, sovranisti o prudenti (Avvenire nel suo resoconto, e parte della stampa di destra) che temono cessioni di sovranità finanziaria e militare. “Il Manifesto” offre la contro-narrazione pacifista e multilaterale, mentre “La Discussione” mette in dialogo istituzioni e imprese con la sensibilità degasperiana per il mercato comune. La domanda di fondo resta sospesa: integrazione politica per contare o status quo per resistere? Le prime pagine restituiscono un’Europa che “aspetta (e spera)”.

Conclusione

Il filo rosso del giorno è la ricerca di affidabilità: dello Stato (caso Mattarella), dell’Occidente (Ucraina), dei conti (manovra) e dell’Unione (riforme). “la Repubblica”, “Corriere della Sera” e “la stampa” disegnano una cornice istituzionale in cui la prudenza convive con l’urgenza; la stampa d’opinione (“Il Foglio”, “Il Manifesto”, “La Verità”) polarizza il dibattito; i quotidiani di area (“l’Unità”, “Secolo d’Italia”) mobilitano i propri pubblici. L’impressione è di un Paese che rifiuta le semplificazioni: tra «missili a lungo raggio» e «saldi invariati», la stampa mette a nudo l’essenza italiana del compromesso, spesso conflittuale, tra sicurezza, giustizia sociale e regole comuni.