Introduzione

Le prime pagine italiane convergono su tre assi: il crollo alla Torre dei Conti e la polemica con Mosca; la battaglia sul referendum per la separazione delle carriere in magistratura; la manovra, con focus su affitti, sfratti e salari. Il Corriere della Sera, la Repubblica e Il Messaggero aprono sul disastro nel cuore di Roma e sulle parole della portavoce russa Maria Zakharova, mentre il Secolo d’Italia enfatizza la risposta della Farnesina.

In parallelo, il dibattito sulla giustizia domina le testate politiche: Il Riformista e Il Giornale misurano il fronte del Sì, Il Fatto Quotidiano guida il No, Il Dubbio mette sotto la lente le dinamiche interne alla magistratura. Sul terreno economico-sociale, Il Messaggero e Il Gazzettino dettagliano la stretta su affitti e sfratti e l’analisi Bce sul fiscal drag, mentre La Stampa incrocia il tema con quello delle grandi opere. Sullo sfondo, Avvenire richiama ai contenuti, Domani e L’Opinione delle Libertà guardano all’attivismo internazionale di Trump.

Roma, la Torre e Mosca: il crollo che diventa caso politico

Il Corriere della Sera titola sul “Crollo ai Fori, Mosca insulta”, ricostruendo il doppio cedimento e il salvataggio degli operai, con il convoglio di reazioni e la convocazione dell’ambasciatore russo. La Repubblica affianca alla cronaca (“disastro colposo” tra le ipotesi) la lettura politica dell’attacco russo all’Italia. Il Messaggero insiste sul tempo reale del soccorso, la storia del monumento e l’“attacco‑provocazione di Mosca”. Il Secolo d’Italia parla di “giorno dello sciacallo”, marcando il registro dell’indignazione istituzionale.

Il tono varia secondo l’identità editoriale: il Corriere è istituzionale e fotoreporter, la Repubblica aggiunge l’editoriale (“Speculazione senza vergogna”) e contestualizza lo scontro diplomatico, Il Messaggero privilegia la dimensione cittadina e patrimoniale, il Secolo d’Italia accentua la contrapposizione con il Cremlino. Il quadro che emerge è unitario nel respingere le parole di Zakharova (“parole squallide”) ma differenziato per priorità: sicurezza del cantiere, tutela dei beni storici, orgoglio nazionale ferito.

La giustizia al voto: linee del fronte e identità dei lettori

Sulla riforma Nordio e il referendum, Il Riformista costruisce il framing del “fronte del Sì”, con sondaggi favorevoli e l’idea della separazione come primo passo di un percorso più ampio. Il Giornale rilancia il dato del 56% per il Sì, incorniciandolo come “doccia gelata per la sinistra”. All’opposto, Il Fatto Quotidiano titola forte (“Nordio vende sogni”), lega la riforma all’idea di “impunità di casta” e ospita le “ragioni del No”. Il Dubbio illumina un aspetto spesso omesso: la “auto‑promozione” quasi bulgara nelle valutazioni professionali dell’Anm, inserendo il tema del sorteggio nel Csm.

Le stesse sfumature riflettono pubblici diversi: testate garantiste e riformiste come Il Riformista e Il Foglio vedono nel “Sì” una modernizzazione, il Corriere affida a un editoriale il dilemma dei riformisti Pd, Il Fatto struttura la critica su effetti e intenzioni (“stop correnti”, dicono i favorevoli; “mai più inchieste sui ministri”, temono i contrari). Avvenire, il quotidiano cattolico, invita a “parlare di contenuti” e a depoliticizzare il voto. Ne risulta una mappa netta ma non manichea, dove il referendum è allo stesso tempo riforma ordinamentale e test politico sul governo.

Casa, affitti e salari: la manovra tra decreti e platee locali

Il Messaggero mette in apertura “Affitti e sfratti, nuove norme”: ipotesi di imposta al 23% per le locazioni brevi, incentivi ai contratti lunghi e sfratti “in 10 giorni” per i morosi; in coda, il rinnovo contrattuale nei Comuni. Il Gazzettino replica il pacchetto (stessa aliquota ipotizzata, stretta sugli abusivi) e lo incrocia con cronache territoriali su disagio giovanile e baby gang. La Stampa allarga l’angolo: “Grandi opere a rilento”, piano contro i veti e, in pagina, l’analisi sul diritto alla casa. La Repubblica riporta l’allarme Abi sul carico fiscale per le banche.

Sul nodo salariale, Il Messaggero e Il Gazzettino rilanciano l’analisi Bce sul “fiscal drag che non c’è”, contestando la narrazione di aumenti “mangiati” dal fisco. È la fotografia di un’agenda pragmatica (Il Messaggero), con declinazione nordestina (Il Gazzettino), e una lettura sistema‑Paese (La Stampa). La scelta delle priorità riflette le platee: proprietari e inquilini nelle metropoli turistiche, amministrazioni locali alle prese con l’esecuzione degli sfratti, e un ceto medio che guarda a salari e mutui. In sintesi: “affitti e sfratti” come perno di consenso, con un messaggio che varia dal tecnico al sociale.

Sicurezza e cronaca nera: tra ansia urbana e statistica

L’accoltellamento “senza movente” a Milano occupa ampio spazio sul Corriere della Sera e su la Repubblica: ricostruzione dei fatti, identità della vittima, e il profilo dell’aggressore già noto per episodi analoghi. Il Giornale insiste sul “panico” e sull’insicurezza, con taglio più marcatamente law‑and‑order. La Verità alza il volume con il titolo “Città da paura”, collegando il caso milanese ad altri episodi e ai dati del Viminale sulla crescita di specifiche tipologie di reato.

Le letture divergono: Corriere e Repubblica mantengono un registro fattuale e istituzionale (indagini, precedenti, sanità mentale), Il Giornale enfatizza la richiesta di risposte immediate, La Verità spinge per misure visibili (“militari nelle strade”). A fare da cerniera, il quadro statistico: La Discussione e testate locali registrano l’aumento dei reati in linea con l’onda post‑pandemica; Il Gazzettino segnala il record di denunce a carico di minori in provincia di Treviso. Il tema sicurezza incrocia così dossier giudiziari e misure di ordine pubblico, alimentando un sentimento di ansia urbana trasversale.

Conclusione

La giornata consegna un’Italia sospesa tra emergenze concrete e battaglie di narrazione. Il crollo della Torre dei Conti mostra la fragilità del patrimonio e, al tempo stesso, la facilità con cui ogni evento scivola nel gioco geopolitico. Il referendum sulla giustizia polarizza secondo linee identitarie ma obbliga i giornali a parlare di istituzioni, non solo di partiti. La manovra riporta al centro casa, salari e servizi, con un lessico che cambia da Roma a Venezia. Il filo rosso è una richiesta di responsabilità: meno slogan, più priorità verificabili. In un clima in cui il confine fra cronaca e propaganda è sottile, la stampa - nelle sue differenze - oggi lo rende visibile.